Personaggi illustri
Felice Giani
“Anno Domini millesimo septingentesimo quinquagesimo octavo, die decima septima decembris. Ego Pantaleon Franceschelli, praepositus ecclesiae plebanae parochialis sub titulo S. Sebastiani martiris, oppidi S. Sebastiani, supplevi ceremonias catechismi et sacras preces adhibui super infantem natum die decima quinta huius, … cui nomen Felix Antonius Gaspar Melchior Balthasar fuit impositum. …” (S. Sebastiano Curone, Chiesa Parrocchiale, Registro Parrocchiale n,1894)
Felice Giani nasce a San Sebastiano il 17 dicembre 1758.
Felice Giani nasce a San Sebastiano il 17 dicembre 1758.
Giani inizia i suoi studi a Pavia e completa la sua formazione fra fine Settecento e primo Ottocento prevalentemente a Roma, dove nacque e prese corpo uno dei grandi poli della cultura neoclassica europea, con il riferimento a personalità come Canova, Flaxman, Fussli, Thorvalsden, Kauffmann. Attraverso il suo stile personale e il suo tratto rapido e originalissimo, egli sviluppò i motivi dell’antichità classica, rivisitati da un’intera generazione negli anni fondamentali del giacobinismo e dell’epopea napoleonica. E proprio l’adesione ai grandi temi del suo tempo, interpretati con autonomia e ricchezza di variazioni, si riflette nella sua produzione, nelle tele e negli affreschi conservati al Quirinale e a Palazzo di Spagna a Roma, nei palazzi di Bologna, Faenza, Venezia, oltre che in numerosissimi disegni di cospicue collezioni italiane e straniere.
La lunga permanenza in centri diversi della cultura del tempo aveva fatto dimenticare le origini dell’artista, finché negli anni ’50, per merito del dottor Riccardo Giani, uomo di cultura e appassionato ricercatore di San Sebastiano Curone, esse sono state restituite agli studiosi.
Anna Ottani Cavina, docente di storia Storia dell'Arte Moderna all'Università di Bologna e alla Johns Hopkins University , ha curato il catalogo generale dell'opera grafica e pittorica di Felice Giani. Di seguito alcuni passaggi significativi del testo, rappresentativi della personalità artistica di Felice Giani.
“…il ritmo, la creatività, quella dissipazione dell’estro che in ogni parete da decorare riconosceva il luogo ideale per sfogare la sua forte immaginativa dalle idee sovrabbondanti e quasi stipate nella sua gran mente. Perché – ricordava Borges usando le parole di un pittore americano - “Art happens”- l’arte “accade”. A volte, con naturalezza. Come in quella pittura dilagante, felice, che ha reinventato i modelli della nuova classe dirigente napoleonica, di cui Giani è stato pittore di elezione. … Con solare ardimento, lui entrava da protagonista nell’Europa neoclassica per strade che non erano quelle della pittura di storia. Giani sapeva che la grande accademia, votata al culto della figura, abitava ormai nel regno di Francia. Sceglieva di battersi su un terreno diverso, quello della progettazione e decorazione d’interni. Forgiando una lingua, un repertorio, una tecnica, riaffermava il primato della pittura in gara con gli artisti più audaci d’Europa, in gran parte designers e architetti.
Colorate, eleganti, facili sempre all’intimità, le dimore che lui ha decorato mostrano un’Italia competitiva e moderna: costi ridotti, talento da vendere, un ritmo fulmineo nella pittura. La stellata bellezza di molti interni di Giani dipende da un dato molto italiano: la personalizzazione delle dimore, pensate e dipinte ogni volta sul posto, in dialogo stretto con il committente. … Per fare di una dimora un incanto, ci voleva una sorprendente capacità di tradurre in immagini sogni e ambizioni di una classe in ascesa. Giani si avvaleva di un pugno di amici (stuccatori, carpentieri, pittori di ornato) “ch’ei capricciosamente chiamava la sua bottega”. Li governava attraverso il disegno. Una traccia sommaria, progetti veloci che però attribuivano allo scapigliato atelier un’impronta elegante, uno stile… Giani era anche disegnatore grandissimo: dall’antico, dal vero, nei fogli finiti, negli appunti abbreviati da passare all’equipe. Penna, bistro, matita, freschissime gouaches. Il suo talento è agile, pieno di verve, estraneo al neoclassicismo purista.“(Anna Ottani Cavina, Felice Giani 1758-1832 e la cultura di fine secolo, Electa 1999).
Dalle lettere e dai documenti rinvenuti da Riccardo Giani risulta la volontà del Pittore di essere ricordato nel proprio paese natale, disponendo di un ingente lascito in denaro destinato ad una “istituzione scolastica” da realizzare in San Sebastiano e la collocazione di un bassorilievo raffigurante la sua immagine, dopo la sua morte, nella piazza principale del paese.
Nel 1997 l’Amministrazione Comunale e l’Archivio Pittor Giani rendono omaggio alla memoria dell’illustre concittadino con la posa di un bassorilievo in bronzo con l’effige del pittore realizzato da Piero Leddi.
Sono presenti all’evento il critico di storia dell’arte Vittorio Sgarbi e Anna Ottani Cavina che così descrive la giornata:
“Solo quando arrivai nella piccola piazza scoprii che la pittura murale era una prassi antica a San Sebastiano Curone. In quel paese di confine fra Piemonte e Liguria, dalle facciate colorate e dipinte, era nato Felice Giani. Era il settembre 1997, venivo per un invito del Sindaco. Mai mi era capitato di scoprire una lapide, mai di riflettere sui destini dell’arte fra la gente, la banda, il tricolore. Tutto questo per un pittore scomparso da quasi due secoli, schivo, ribelle, un po’ picaresco. Eppure, nel calar della sera, come era “Giani” quella festa nel borgo: stradine di sasso e vecchie case di pietra, tutti in piazza a parlar di lui fra persone che portavano ancora il suo nome. Credo che non sarebbe dispiaciuto al pittore. Se infatti il mestiere di decorare palazzi gli aveva conquistato l’intimità dei potenti, lui restava legato a quella sua terra che aveva dotato, morendo, di una scuola “per l’istruzione dei giovani”. (Anna Ottani Cavina, Felice Giani 1758-1832 e la cultura di fine secolo, Electa 1999).
La lunga permanenza in centri diversi della cultura del tempo aveva fatto dimenticare le origini dell’artista, finché negli anni ’50, per merito del dottor Riccardo Giani, uomo di cultura e appassionato ricercatore di San Sebastiano Curone, esse sono state restituite agli studiosi.
Anna Ottani Cavina, docente di storia Storia dell'Arte Moderna all'Università di Bologna e alla Johns Hopkins University , ha curato il catalogo generale dell'opera grafica e pittorica di Felice Giani. Di seguito alcuni passaggi significativi del testo, rappresentativi della personalità artistica di Felice Giani.
“…il ritmo, la creatività, quella dissipazione dell’estro che in ogni parete da decorare riconosceva il luogo ideale per sfogare la sua forte immaginativa dalle idee sovrabbondanti e quasi stipate nella sua gran mente. Perché – ricordava Borges usando le parole di un pittore americano - “Art happens”- l’arte “accade”. A volte, con naturalezza. Come in quella pittura dilagante, felice, che ha reinventato i modelli della nuova classe dirigente napoleonica, di cui Giani è stato pittore di elezione. … Con solare ardimento, lui entrava da protagonista nell’Europa neoclassica per strade che non erano quelle della pittura di storia. Giani sapeva che la grande accademia, votata al culto della figura, abitava ormai nel regno di Francia. Sceglieva di battersi su un terreno diverso, quello della progettazione e decorazione d’interni. Forgiando una lingua, un repertorio, una tecnica, riaffermava il primato della pittura in gara con gli artisti più audaci d’Europa, in gran parte designers e architetti.
Colorate, eleganti, facili sempre all’intimità, le dimore che lui ha decorato mostrano un’Italia competitiva e moderna: costi ridotti, talento da vendere, un ritmo fulmineo nella pittura. La stellata bellezza di molti interni di Giani dipende da un dato molto italiano: la personalizzazione delle dimore, pensate e dipinte ogni volta sul posto, in dialogo stretto con il committente. … Per fare di una dimora un incanto, ci voleva una sorprendente capacità di tradurre in immagini sogni e ambizioni di una classe in ascesa. Giani si avvaleva di un pugno di amici (stuccatori, carpentieri, pittori di ornato) “ch’ei capricciosamente chiamava la sua bottega”. Li governava attraverso il disegno. Una traccia sommaria, progetti veloci che però attribuivano allo scapigliato atelier un’impronta elegante, uno stile… Giani era anche disegnatore grandissimo: dall’antico, dal vero, nei fogli finiti, negli appunti abbreviati da passare all’equipe. Penna, bistro, matita, freschissime gouaches. Il suo talento è agile, pieno di verve, estraneo al neoclassicismo purista.“(Anna Ottani Cavina, Felice Giani 1758-1832 e la cultura di fine secolo, Electa 1999).
Dalle lettere e dai documenti rinvenuti da Riccardo Giani risulta la volontà del Pittore di essere ricordato nel proprio paese natale, disponendo di un ingente lascito in denaro destinato ad una “istituzione scolastica” da realizzare in San Sebastiano e la collocazione di un bassorilievo raffigurante la sua immagine, dopo la sua morte, nella piazza principale del paese.
Nel 1997 l’Amministrazione Comunale e l’Archivio Pittor Giani rendono omaggio alla memoria dell’illustre concittadino con la posa di un bassorilievo in bronzo con l’effige del pittore realizzato da Piero Leddi.
Sono presenti all’evento il critico di storia dell’arte Vittorio Sgarbi e Anna Ottani Cavina che così descrive la giornata:
“Solo quando arrivai nella piccola piazza scoprii che la pittura murale era una prassi antica a San Sebastiano Curone. In quel paese di confine fra Piemonte e Liguria, dalle facciate colorate e dipinte, era nato Felice Giani. Era il settembre 1997, venivo per un invito del Sindaco. Mai mi era capitato di scoprire una lapide, mai di riflettere sui destini dell’arte fra la gente, la banda, il tricolore. Tutto questo per un pittore scomparso da quasi due secoli, schivo, ribelle, un po’ picaresco. Eppure, nel calar della sera, come era “Giani” quella festa nel borgo: stradine di sasso e vecchie case di pietra, tutti in piazza a parlar di lui fra persone che portavano ancora il suo nome. Credo che non sarebbe dispiaciuto al pittore. Se infatti il mestiere di decorare palazzi gli aveva conquistato l’intimità dei potenti, lui restava legato a quella sua terra che aveva dotato, morendo, di una scuola “per l’istruzione dei giovani”. (Anna Ottani Cavina, Felice Giani 1758-1832 e la cultura di fine secolo, Electa 1999).
William Elford Leach
Il nome di William Elford Leach ricorre frequente sia nelle opere che illustrano la storia della Zoologia o dell’Entomologia, sia, e soprattutto, in revisioni monografiche di ordini, famiglie, generi di Artropodi, in quanto alla conoscenza di molti gruppi di questi invertebrati il Leach ha recato così fondamentali contributi da dover essere annoverato fra i maggiori Zoologi della prima metà dell’Ottocento.
William Elford Leach, nato a Plymouth nel 1790, laureatosi in Medicina, dopo aver esercitato per breve tempo la libera professione, fu nominato nel 1813 assistente al British Museum, dove in un decennio di intenso lavoro condusse a termine l’imponente massa delle sue ricerche e redasse le sue numerosissime opere.
Una grave malattia mentale lo costrinse a lasciare il British Museum e abbandonare l’Inghilterra per recarsi in compagnia di una sorella che gli fu vicina fino alla morte, in Italia, dove il clima mite e la natura ridente gli permettevano di dedicarsi alla raccolta di Insetti e di interessarsi ancora di questioni scientifiche.
Nell’estate 1936 l’Italia fu colpita da una gravissima epidemia di colera e Leach, per sfuggire al contagio, si rifugiò a San Sebastiano, dove però la malattia lo colse e dove morì il 25 agosto dello stesso anno. L’Atto di morte dai Registri della Parrocchia di S. Sebastiano riporta: “Anno Domini millesimo octingentesimo trigesimo sexto, die vigesima quinta mensis Augusti, hora decima tertia italica cum dimidio, Leach Guilelmus Nobilis Doctor Anglicanus … animam Deo redditit in Anglicana religione …”
Leach fu sepolto a San Sebastiano, ove, contro il muro di cinta del Cimitero, sono conservati i resti dell’antico sepolcro con la pietra tombale e la lapide funeraria, fatte incidere dalla sorella.
(Da Edoardo Zavattari, “La tomba di William Elford Leach in S. Sebastiano Curone (Alessandria”, in “Rivista di Scienze Naturali, Vol L, 1959)
Il nome di William Elford Leach ricorre frequente sia nelle opere che illustrano la storia della Zoologia o dell’Entomologia, sia, e soprattutto, in revisioni monografiche di ordini, famiglie, generi di Artropodi, in quanto alla conoscenza di molti gruppi di questi invertebrati il Leach ha recato così fondamentali contributi da dover essere annoverato fra i maggiori Zoologi della prima metà dell’Ottocento.
William Elford Leach, nato a Plymouth nel 1790, laureatosi in Medicina, dopo aver esercitato per breve tempo la libera professione, fu nominato nel 1813 assistente al British Museum, dove in un decennio di intenso lavoro condusse a termine l’imponente massa delle sue ricerche e redasse le sue numerosissime opere.
Una grave malattia mentale lo costrinse a lasciare il British Museum e abbandonare l’Inghilterra per recarsi in compagnia di una sorella che gli fu vicina fino alla morte, in Italia, dove il clima mite e la natura ridente gli permettevano di dedicarsi alla raccolta di Insetti e di interessarsi ancora di questioni scientifiche.
Nell’estate 1936 l’Italia fu colpita da una gravissima epidemia di colera e Leach, per sfuggire al contagio, si rifugiò a San Sebastiano, dove però la malattia lo colse e dove morì il 25 agosto dello stesso anno. L’Atto di morte dai Registri della Parrocchia di S. Sebastiano riporta: “Anno Domini millesimo octingentesimo trigesimo sexto, die vigesima quinta mensis Augusti, hora decima tertia italica cum dimidio, Leach Guilelmus Nobilis Doctor Anglicanus … animam Deo redditit in Anglicana religione …”
Leach fu sepolto a San Sebastiano, ove, contro il muro di cinta del Cimitero, sono conservati i resti dell’antico sepolcro con la pietra tombale e la lapide funeraria, fatte incidere dalla sorella.
(Da Edoardo Zavattari, “La tomba di William Elford Leach in S. Sebastiano Curone (Alessandria”, in “Rivista di Scienze Naturali, Vol L, 1959)